Antonicelli, Gobetti e l’editore ideale. Quali sono le condizioni di similitudine fra Antonicelli, Gobetti e l’editore ideale?
Leggi di seguito l’articolo riportato su La Stampa di Torino:
sono citati alcuni estratti del saggio di Pietro Polito curatore, insieme a Marta Vicari, del libro pubblicato da Aras Edizioni: L’editore ideale.
Come ha scritto Norberto Bobbio, il principale sostenitore della continuità dell’ispirazione gobettiana in Franco Antonicelli, non ci sono stati nella politica attiva “spiriti gobettiani” più di lui.
«Se c’è un pensiero gobettiano, Franco ne è stato, senza neppure proporselo in modo preciso, il migliore interprete. […].»
[…]
Alla domanda se Antonicelli sia o non sia un gobettiano giova poco cercare una risposta sul terreno delle definizioni astratte. Più utile è spostarsi sul terreno delle politiche o ancor più delle scelte concrete che egli ha compiuto:
la fiducia nel movimento operaio, il rifiuto dell’opportunismo, il gusto dell’eresia, la predilezione per i piccoli gruppi.
La non identificazione con nessun partito politico, men che meno con il Partito comunista, la scelta della libertà come il supremo valore.
La migliore riprova della distanza dal comunismo e della vicinanza al gobettismo si può scorgere nel fatto che per lui la rivoluzione auspicata non fu mai una rivoluzione comunista ma sempre liberale.
Una rivoluzione per la libertà:
«che non sta ferma e chi crede stia ferma l’ha già abbandonata».
Aveva una concezione gobettiana della politica che è come dire una concezione etica della politica:
«da non abbandonare mai anche se destinata alla sconfitta».
Di Antonicelli affascinava ed affascina la capacità di indignarsi contro l’arroganza del potere.
Affascina l’abitudine al privilegio, l’assuefazione al conformismo, l’adattamento al compromesso che spegne ogni tensione morale.
Il tratto più caratteristico della sua personalità è la persuasione che:
«le cose dovevano essere fatte per convinzione non per interesse»
e la sua vita è:
«un esempio di disinteresse, di rettitudine, di presenza civile e umana e di serietà e lo è anche di eleganza, di discrezione, di tolleranza».
Fedele al patto con se stesso:
«Ora vogliamo esser chiari: dal punto di vista della moralità ci rifiutiamo di accettare che combattenti e cortigiani siano considerati alla pari, rappresentanti di due valori egualmente degni di rispetto.
Noi abbiamo troppo bisogno oggi di salvaguardare questa fondamentale distinzione.
Tra fascismo e antifascismo, in sede non più solamente storica, ma anche ideologica e morale, c’è una ferita non chiusa e mai rimarginabile.
Quelli che amano stare nel mezzo, o al di fuori, non possono dopo tante prove scontate, credere ancor di far passare l’indifferenza o la tolleranza per nobiltà di pensiero o di stile».