Descrizione
il libro
Le redazioni italiane sono composte dal 42% di giornaliste, stando agli ultimi dati Inpgi ed Eurostat. Un numero che è cresciuto negli anni, in particolare in due periodi precisi – gli anni 70 e 90 – che hanno segnato un ingresso più sostanzioso delle donne nel giornalismo. Nonostante le sfide e i pregiudizi, sono molte le figure femminili che hanno portato un contributo importante alla storia e all’evoluzione della professione giornalistica e dell’informazione culturale. Fornendo diversi esempi, questo libro ripercorre gli sviluppi principali della storia del giornalismo femminile italiano, evidenziando i cambiamenti degli argomenti principali di cui le donne, per obbligo o per scelta, si sono occupate maggiormente a seconda dei periodi storici. I giornali di moda e le riviste femminili sono stati il settore dominante fino agli anni 70, mentre dal ventennio successivo ha iniziato a farsi strada la figura della reporter di guerra.
Il capitolo finale focalizza l’attenzione su donne e giornalismo culturale e sui nuovi format nati con la rivoluzione digitale. In appendice sono state raccolte dall’autrice tre preziose interviste alle giornaliste italiane Agnese Pini, Emma Farné e Alessandra Sardoni.
Protagoniste? Donne, informazione e cultura di Francesca Capoccia è il sesto numero della collana #fgcult – informazione culturale dedicata a comunicazione e cultura, la cui peculiarità è quella di porsi come strumento d’indagine integrativo e complementare al Festival del giornalismo culturale.
l’autrice
Francesca Capoccia (Urbino, 1998)
Laureata in editoria e scrittura all’università La Sapienza di Roma, è stata responsabile della comunicazione per un’associazione di terzo settore, attualmente ricopre il ruolo di caporedattrice del web magazine «The Bottom Up» e lavora come redattrice per «Facta», dove si occupa di fact-checking e debunking. Scrive anche per testate italiane ed estere.
rassegna stampa
In generale, le firme degli articoli, editoriali e commenti in prima pagina, quello spazio di vetrina in cui finiscono i lavori più importanti e degni di nota del giorno, riportano il nome di un uomo. Questa problematicità, unita alla mancanza di giornaliste ai vertici delle grandi testate, è ciò che la sociologa Milly Buonanno definiva già nel 2005 «visibilità senza potere». Se è vero che il numero di donne nel giornalismo è sicuramente aumentato nel corso della storia, l’esercizio della professione non è riuscito a portare con sé anche l’esercizio del potere.
Francesca Capoccia